UNA PERSONA AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO

UNA PERSONA AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO
Ci fu, ad un certo punto, dicono le carte, l’archiviazione del procedimento in sede penale, dopo un’accurata indagine, provocata dalle gravi, quanto farlocche, accuse rivoltele. Ma, sul piano amministrativo-contabile, sembrava dover restare, per Anna Maria Monacelli, relativamente al periodo in cui, con l’ex Dirigente scolastico Dario Missaglia, aveva in mano la governance del Liceo Giuseppe Mazzatinti di Gubbio, il marchio della fraudolenza e dell’incompetenza. Così non è stato, perché all’interessata, consapevole dell’honesta missio, con cui aveva svolto il suo lavoro, è stata definitivamente riconosciuta la sostanziale e continuativa correttezza del suo operato. Infatti, ai primi di ottobre di quest’anno, a conclusione di una lunga vicenda giudiziaria, non sono stati ravvisati “gli estremi tipologici e contenutistici della negligenza o imperizia, nonché superficialità e leggerezza del comportamento, significative di una patente disaffezione per le vicende della cosa pubblica sulle quali ed entro le quali…” si esercita la responsabilità amministrativa. La cosa triste è che sia stata necessaria una sentenza per confermare quanto era palese agli occhi di tutti, almeno di tutti coloro non prevenuti o animati da falsi giudizi o pregiudizi, per usare un eufemismo. Perché nessuno è perfetto, a cominciare da chi scrive, ma qualcuno, più di altri, può meritare di essere ritenuto al di sopra di ogni sospetto nell’espletamento della sue (ultradecennali) pubbliche funzioni. A questo proposito mi preme ricordare che in data 28 febbraio 2014, Anna Maria Monacelli dichiarò, con lettera agli atti di questa Fondazione, di autosospendersi da Segretaria della medesima: era profondamente turbata dagli eventi che la riguardavano. Fu unanime il nostro invito a reagire in maniera resiliente e cercammo di sostenerla moralmente. L’epilogo recente di tutta la vicenda, oltre a rallegrarci, è anche un apprezzamento indiretto di quel convinto (e beneaugurante) sostegno ad personam.

Buon Natale a tutti!

Gianfranco Cesarini

Comunicato

Mi accingo a redigere queste poche righe che indirizzo a tutti gli organi di stampa in quanto la vicenda che vi narro e la mia persona sono state oggetto di una campagna di stampa denigratoria prima ancora che la Giustizia avesse compiuto il suo corso.

Ho svolto la funzione di Dirigente dei Servizi Generali Amministrativi per il Ministero dell’Istruzione per ben 36 anni e, presso l’Istituto d’Istruzione Superiore “G. Mazzatinti” di Gubbio, per circa un ventennio sino al mio pensionamento avvenuto nel 2012 insieme al Preside di allora, Prof. Dario Missaglia.

La Dott.ssa Maria Marinangeli, attuale dirigente scolastico del Mazzatinti, compiva subito dopo il suo insediamento una attività di controllo contabile della precedente gestione, svolta con l’ausilio della nuova dirigente amministrativa e segnalava presso la Procura della Repubblica asserite mancanze e violazioni riscontrate dai medesimi esperti che, durante il mio servizio, avevano assunto il ruolo di revisori dei conti del Liceo.

A seguito di una accurata indagine, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Perugia, Dott. Valerio D’Andria, disponeva l’archiviazione del procedimento motivando che “gli esborsi risultano tutti connessi ad attività professionali effettivamente svolte o, comunque, ad impegni da ricondurre alla finalità di assicurare all’istituto scolastico maggiori risorse e una più ampia offerta formativa”. Il G.I.P. valutava, inoltre, rilevante la considerazione secondo cui i revisori contabili non avevano mai segnalato alcuna anomalia sino a quel momento.

Nonostante l’archiviazione del procedimento in sede penale, la Procura Regionale presso la Corte dei Conti mi citava in giudizio unitamente al Preside Missaglia richiedendo la restituzione di circa € 70.000,00 in favore della scuola. All’esito del giudizio di primo grado la Corte dei Conti Umbra mi condannava a pagare oltre € 20.000,00 e condannava il Preside Missaglia a pagare oltre € 5.000,00. 

La Procura Regionale della Corte dei Conti proponeva appello per la restituzione integrale delle somme. Proponevo anche io appello  insistendo perché fosse riconosciuta la mia correttezza nell’espletamento delle mie mansioni lavorative. All’esito del giudizio di appello, con sentenza pubblicata il 5.10.2020, sono state integralmente riconosciute le mie ragioni (ad eccezione di una somma irrisoria contestatami). 

Ha osservato il Supremo Consesso di Giustizia Contabile che la Corte dei Conti perugina, “non abbia sufficientemente supportato il proprio convincimento non avendo indicato le ragioni che l’hanno indotta a ravvisare nella condotta antidoverosa una connotazione di particolare superficialità e di significativa divergenza dalla condotta esigibile”. Prosegue la Corte dei Conti romana nell’affermare che nella mia condotta non vi sono gli “estremi tipologici e contenutistici della negligenza, imprudenza o imperizia nonché superficialità o leggerezza del comportamento, significative di una patente disaffezione per le vicende della cosa pubblica, sulle quali, e dentro le quali, il Giudice è tenuto normativamente a modellare la gravità dell’elemento psicologico richiesto dalla legge per l’affermazione della responsabilità amministrativa”

In sostanza, il Supremo Consesso di Giustizia Contabile ha nei fatti riconosciuto la mia buona fede e la mia correttezza nella gestione amministrativa del Liceo di Gubbio negli anni. Tengo a precisare che ho amato quella scuola tantissimo riconoscendone l’importanza culturale e sociale per la città di Gubbio e, grazie a dedizione e serietà, unitamente a tutti i dirigenti che si sono succeduti, sono stati raggiunti obiettivi rilevantissimi.

Ringrazio tutti i miei numerosi amici che mi hanno supportato in questi lunghi anni di attesa che fosse fatta luce e giustizia su questa vicenda; tutti loro non hanno mai dubitato della mia persona e della mia professionalità alla quale ho sempre tenuto più di ogni altra cosa. Un grazie particolare va all’Avv. Mario Bruto Gaggioli Santini che mi ha sostenuta ed egregiamente difesa: un ringraziamento va pure ai suoi validissimi collaboratori di studio Avv. Valentina Tomassoli e Avv. Nicolò Minelli.

Dott.ssa Anna Maria Monacelli

Borsa di Studio Prof. Gennaro Pinna

1) La Fondazione Giuseppe Mazzatinti bandisce, per l’anno 2020, un concorso per due borse di studio dedicate alla memoria del prof. Gennaro Pinna, esemplare educatore e Preside per diversi lustri del Liceo Ginnasio “Mazzatinti” di Gubbio, avvalendosi di una donazione in denaro messa a disposizione dai familiari.

2) Possono concorrere all’assegnazione delle borse le studentesse e gli studenti liceali (indirizzo classico) dell’I.I.S. Giuseppe Mazzatinti, che abbiano superato l’Esame di Stato 2019 con votazione non inferiore a 90, abbiano nel triennio precedente meritato una valutazione finale, nelle discipline storico-filosofiche, non inferiore a 8/10 e siano iscritti al primo anno di un Corso di Laurea presso Università italiane. Nell’assegnazione delle borse, a parità di merito, si terrà conto della condizione reddituale autocertificata secondo i parametri della tabella allegata.

3) Gli interessati potranno partecipare alla selezione mediante la compilazione autografa di una apposita scheda e l’autocertificazione relativa ai voti riportati e al reddito. La scheda allegata al presente bando, compilata e corredata delle autocertificazioni relative a voti e reddito, potrà essere inviata online all’indirizzo della Fondazione  Mazzatinti fondazione@fondazionemazzatinti.org  entro il 29/8/ 2020.

4) Le borse avranno un importo di  € 500,00 (cinquecento,00) .

IL PRESIDENTE
Gianfranco Cesarini

Gubbio, 11/07/2020

Per informazioni:
Dott.ssa Anna Maria Monacelli, cell. 3386674780, a.monacelli@fondazionemazzatinti.org ,

Silvana Casagrande,  cell. 3402711958, fondazione@fondazionemazzatinti.org

Sito web: https://www.fondazionemazzatinti.org/

BAMBINI E ADOLESCENTI NON SOLO AL TEMPO DEL “COVID-19”

BAMBINI E ADOLESCENTI NON SOLO AL TEMPO DEL “COVID-19”

Durante le celebrazioni, nel 2019, del trentennale della Convenzione ONU dedicata ai “Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza”, molti commentatori, a diverso titolo, hanno insistito sull’esigenza di un aggiornamento di quel testo fondamentale; un’esigenza, peraltro, non sempre rispettata, adottata e adattata dalle pratiche quotidiane, come risulta dalla cronaca, con le sue notizie di “pedagogia nera”. La ‘Fondazione Mazzatinti’ di Gubbio, che alla cosiddetta pedagogia nera ha dedicato anche un incontro pubblico, condivide tale impostazione per un aggiornamento e, attraverso il suo Presidente, intende riflettere sull’argomento, a partire da questa fine di marzo 2020, in cui il “Coronavirus” ci obbliga a sentirci, per dir così, orfani della scuola-comunità educante, di non poche relazioni esterne interpersonali, di noi stessi e un po’ anche ostaggi domestici. Anche questa, tuttavia, ci sembra un’opportunità non banale per rinsaldare i vincoli familiari, riconsiderare i nostri legami, non solo di sangue, tra adulti e persone di minore età, tra genitori e figli, nonni e nipoti. Vicini eppure lontani. Insomma, in tema di infanzia/adolescenza, nessuna parentesi istituzionale, sociale ed esistenziale, per quantp forzosa, potrà mai mettere tra parentesi il rapporto vitale, formativo, magari rimodulato, degli adulti con le persone di minore età, con i loro bisogni/diritti. A livello scolastico, extrascolastico e familiare. Nel riflettere, ripensiamo dunque questi irrinunciabili diritti, oltre la contingenza: ne proponiamo un elenco di dieci, non del tutto nuovi, ma più in sintonia con i tempi moderni. Essi sono: il diritto alle “Due A” (Attaccamento/Ascolto, ovvero all’ Ascoltamento); all’identità; alla resilienza; al potere di crescita (o ad una crescita per l’autonomia); all’informazione pertinente; al discernimento conoscitivo (o a competenze integrate, cognitive e non cognitive); all’empatia; alla convivenza pacifica; alla salute psicofisica; alla speranza.

DIRITTO ALL’ASCOLTO E ALL’ATTACCAMENTO 

Sembrerà strano, ma come ha fatto notare, in un incontro pubblico a Perugia, il Presidente del Tribunale per i Minori di Perugia, nella pur fondamentale, però datata, “Convenzione ONU” del 1989, la parola e il concetto di attaccamento non compaiono in maniera esplicita. Forse vengono assimilati al termine più generico di “protezione”, riferito a tutte le persone di minore età. Tuttavia, a distanza di tre decenni successivi al cosiddetto “secolo breve”, che, a detta di molti finì proprio nel 1989, molta acqua è passata sotto i ponti della storia sociale, civile e culturale del pianeta Terra, per cui è doveroso colmare questa lacuna. Tanto più che, come dicono John Bolwby (1907-1990) e la sua scuola di pensiero, “ il comportamento di attaccamento, particolarmente evidente nella prima infanzia, caratterizza l’essere umano dalla culla alla tomba”. D’altra parte, l’attaccamento, nelle persone di minore età, come  forma vitale, risulta strettamente legato all’ascolto, come dato esistenziale, se è vero che non si può non comunicare. Si potrebbe addirittura dire che siamo di fronte ad una locuzione nuova, all’ascoltamento (Diritto alle due “A”). Nella scuola, nella famiglia, nelle relazioni diadiche e asimmetriche adulto/minore, nei processi di socializzazione esso costituisce un primo diritto irrinunciabile del minore, non solo in chiave materna o genitoriale. Tanto che, ricordava il Presidente del Tribunale di Perugia, spesso, nella casistica da lui affrontata, è necessario riprodurre la fenomenologia esistenziale dell’attaccamento, per i più piccoli, con figure non familiari, sostitutive del ruolo materno, attingendo a specifici e controllati elenchi con profili femminili disponibili.

Nel nostro caso e proprio in riferimento alla frase riportata di Bowlby (che fu anche esperto consulente dell’OMS) potremmo dire, nella prospettiva di uno sviluppo armonico della persona, che il Processo di Ascoltamento chiama in causa, in una sorta di connubio naturale, sia l’interiorità, sia l’esteriorità  della sfera relazionale del bambino (e dell’adolescente), cioè, simultaneamente, l’ascolto e l’attaccamento interpersonali. L’ ascoltamento, come l’ho chiamato, evoca non solo un magnetismo emotivo e relazionale di base, biologicamente fondato, ma induce a riflettere, sul piano educativo, sull’importanza dell’ascolto come diritto del minore ad una comunicazione integrale, verbale e non verbale, fin dalla nascita.

Dall’ascolto all’attaccamento e viceversa

Appurato che dare spazio all’ Ascoltamento significa, da parte dell’adulto, rispondere a un bisogno/diritto irrinunciabile della persona di minore età, per suo conto l’attaccamento comporta sia la ricerca di una figura rassicurante, sia il desiderio esplorativo, connaturato all’essere umano, di scoprire il mondo, oltre la propria circoscritta dimensione, passo dopo passo oltre la stessa figura adulta, materna in particolare. Tale vocazione esplorativa presuppone l’ascolto come aspirazione emozionale e mentale, corporea, come relazione d’aiuto primordiale. Vicinanza fisica, esigenza di contatto cinestesico, di legami significanti sono ascrivibili a un bisogno sociale primario di attaccamento, che “diventa il fulcro dei primi anni di vita (monotropismo)”, destinato ad evolversi attivamente e selettivamente sul piano relazionale (intelligenze emotiva, prosociale, infra e interpersonale). Con l’esigenza di ascolto, rivolto quotidianamente verso gli esseri umani più frequentati, più esposti, più fragili (senza età), il profilo relazionale della persona di minore età si fa più complesso, fenomenologicamente  più articolato, dotato sempre più di connotati  ecologico-sistemici (mente, corpo, educazione, ambiente, cultura). Dall’attaccamento sicuro/insicuro, evitante, ambiguo o ambivalente si passa progressivamente a modelli operativo-dinamici, anche linguistici, in cui il soggetto minore, alla ricerca di una sua graduale autonomia, coinvolge l’adulto nelle sue diverse collocazioni di ruolo: qui l’ascolto assume una sua centralità, di cui l’attaccamento può essere causa ed effetto, in cui il rapporto asimmetrico con l’adulto non dovrebbe rispondere ad un modello gerarchico, bensì ad un modello integrato d’interscambio socioemotivo, cognitivo e comportamentale.   Il pericolo di un adultismo sordo, distratto o noncurante è sempre incombente e secerne violenza varia, tanto improvvida quanto banale, purtroppo e non raramente giustificata a fin di bene, a fini correttivi. L’ascoltamento non solo è ritenuto ingombrante, ma anche fuorviante e fa rima con maltrattamento. Non ci si rende conto che proprio qui, nell’adultismo strisciante (nessun adulto dirà mai di cedere all’adultismo) alligna l’eziologia del maltrattamento precoce, a volte quasi impercettibile.

In conclusione, ogni adulto dovrebbe fare in modo, a costo di sconfessare le proprie esperienze passate e di contenere i propri impulsi/tentazioni adultisti, di vedere nel bambino, “il padre dell’uomo”. Il patto educativo (o patto di corresponsabilità) tra scuola e famiglia dovrebbe essere meno generico possibile su questo punto. Ogni bambino, ogni adolescente non solo dovrà sentirsi accudito e protetto in maniera basica, ma dovrà vedere nell’adulto un “testimone soccorrevole”, dialogante ed esigente al contempo. Una persona affidabile che sa distinguere i bisogni vitali dai capricci e dalle monellerie. Una persona capace di entrare in sintonia con lui, di comprenderlo attraverso l’ascolto tempestivo, non contingente ed occasionale, ma permanente e ricorrente. Un ascolto che si nutra di un attaccamento reciproco, inteso come relazione d’aiuto o bene relazionale. Tendere la mano è come offrire un dono nel segno della vicinanza, dell’attaccamento benefico, ascoltarsi è un po’ sacrificarsi senza sentirsi sfruttati o snaturati. Serve spesso un “orecchio verde”, cui la verde età ha diritto. Serve, cioè, che questo diritto all’ascoltamento (così lo chiamerebbe, in cuor suo, ogni bambino) trovi nell’adulto della cerchia familiare, amicale o della comunità educante, cui appartiene ogni persona di minore età, l’ orecchio e lo sguardo che i bambini cercano per essere compresi. Come dice Gianni Rodari, ci vorrebbe nel mondo adulto un “orecchio acerbo”, un orecchio bambino, per ascoltare bambine e bambini “quando dicono cose che ad un orecchio maturo sembrano misteriose”.

Al tempo del Coronavirus globale, un tempo d’attesa al riparo domestico, un tempo anche di paura, di lotta e di meditazione forzosa,  ripensare al diritto all’ascoltamento e investire in esso come avvio ai “beni relazionali”, dentro e fuori della famiglia, sarà foriero, credo, di tempi migliori. Se oggi diciamo “io resto a casa”e siamo, fin d’ora, capaci di rispondere “hic manebimus optime”, ovvero “noi qui rimarremo ottimamente”, è un buon segnale. Vorrà dire che, come recita Roberto  Piumini, rivolto ai piccoli, “quando avremo superato questa prova, tutti insieme impareremo una vita saggia e nuova” ( da: Il coronavirus non è un re).

   

BAMBINI-E-ADOLESCENTI-NON-SOLO-AL-TEMPO-DEL-“COVID-19”1.pdf (PdF)